Un’antica testa di fontanile dà origine all’Acqualunga ed è situata nel territorio di Precotto, uno dei comuni accorpati a Milano nel 1923. Stando al Catasto di Carlo VI del 1721, il dato certo è che la roggia era alimentata da una testa di fontanile maggiore e una minore e l’asta si dirigeva, allora come oggi, in direzione sud-ovest attraversando il territorio dell’adiacente ex Comune di Gorla e ricevendo il contributo di altri fontanili, tra cui il Cantalupa, unitamente alle acque della vicina “sorgente”.
Altro dato certo è che nel 1457 il duca Francesco I Sforza decreta la realizzazione del Canale Martesana, che deriva le proprie acque dal Fiume Adda; nel volgere di pochi anni l’opera è intrapresa, ma occorre riorganizzare i tracciati dei numerosi corsi d’acqua interrotti dal nuovo canale. Per garantire la continuità dell’Acqualunga in direzione del cuore di Milano si realizza un’opera in muratura, ovvero un sifone, che sottopassi il Naviglio Martesana.
Nel 1826 il conte Antonio Batthyany, ufficiale austriaco di cavalleria, acquista una proprietà agricola situata tra la Martesana e il fontanile Acqualunga: la casa colonica è sostituita da una “villa di delizie” e i prati coltivati divengono parco paesaggistico. La Roggia Acqualunga andrà così ad alimentare in parte un laghetto artificiale con “isolino”, progettati dall’ingegner Gaetano Brey, e la ghiacciaia lambita dalle antiche acque è trasformata in Tempio della Notte, con grotta artificiale. Si tratta di un tempio monoptero dedicato alla dea Nix, ovvero la divinità greca della notte, che ha pianta circolare e otto colonne in marmo bianco, ingentilite da capitelli che richiamano l’ordine Corinzio. La grotta artificiale è invece un buio antro costruito con i blocchi di conglomerato, denominato Ceppo d’Adda, cavati a Trezzo d’Adda e trasportati lungo il Canale Martesana con i barconi.
Agli inizi del XX secolo le acque della Roggia Acqualunga scorrevano ancora scoperte fino all’attuale Piazza Argentina, percorrendo poi coperte il primo tratto di Corso Buenos Aires e sottopassando i lacerti delle mura bastionate cinquecentesche, per sfociare nel Grande Seveso in Piazza San Babila.