
Siamo abituati a pensare che le foreste siano statiche, che stiano lì, immobili, da sempre. Ma non è così. Semplicemente vivono, e cambiano, a un ritmo più lento del nostro. C’è, tuttavia, un momento in cui abbiamo la possibilità di apprezzarne il cambiamento, e, ironia della sorte, è proprio quando vi si abbatte una calamità o, come si dice in ecologia, un «disturbo». Che sia un incendio, un’alluvione, un’eruzione, ciò che segue non è l’estinzione totale. Al contrario. Disturbi di questo tipo sconvolgono un ecosistema, ma al tempo stesso aprono lo spazio a specie per cui prima era impossibile vivere in quel contesto. Come le orchidee, ad esempio, che muoiono all’ombra fitta degli alberi, ma proliferano nei terreni aperti e assolati. O come le aquile, che battono le foreste disastrate perché, senza gli alberi, godono di maggiore visibilità sulle prede a terra.
Ed è proprio questa capacità di adattamento, questa naturale resilienza, ad accumunare i boschi e le foreste che Vacchiano ha incontrato durante la sua attività di ricerca e i suoi viaggi. Una resilienza acquisita grazie a milioni di anni di lenta evoluzione, che però potrebbe non bastare di fronte alle pressioni e ai cambiamenti estremamente repentini a cui stiamo sottoponendo la nostra casa comune da un secolo a questa parte. Dal parco nazionale di Yellowstone negli Stati Uniti alla foresta pluviale delle isole Haida Gwaii nell’Oceano Pacifico, fino alla piemontese Val Sessera, ogni bosco rivela storie di connessioni: tra alberi e alberi, tra alberi e animali, tra alberi e acqua, o aria, o fuoco. Tra alberi e uomini. E anche, tra uomini e uomini. Dimostrando quanto siamo immersi negli ecosistemi che ci danno la vita. Siamo in relazione con ogni loro elemento. Che ne siamo consapevoli o meno, noi siamo una loro causa e un loro effetto.
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Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente in Gestione e pianificazione forestale presso l'Università Statale di Milano, studia modelli di simulazione in supporto alla gestione forestale sostenibile, la mitigazione e l'adattamento al cambiamento climatico e ai disturbi naturali nelle foreste temperate europee. Ha all'attivo numerose pubblicazioni scientifiche; è membro della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (SISEF) e dell'Ecological Society of America (ESA), e consigliere dell'Associazione Pro Silva Italia. Si occupa anche di comunicazione e divulgazione scientifica e nel 2018 è stato nominato dalla rivista «Nature» tra gli 11 migliori scienziati emergenti nel mondo che «stanno lasciando il segno nella scienza».
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