
Ultimo appuntamento della nostra rubrica dedicata all’incontro tra letteratura, lavoro e fabbrica.
Discutiamo di cultura politecnica con Ernesto Franco, scrittore e direttore editoriale della casa editrice Einaudi. Nel 1999 Franco racconta nel romanzo “Vite senza fine” le imprese comuni e straordinarie di un piccolo eroe moderno, fondatore della più grande ditta di ferramenta dei suoi tempi. Un'epopea dimessa e struggente cucita intorno ai sogni di un uomo che, con viti e bulloni, vuole tenere insieme il mondo.
Alle soglie del 1900 Gio Magnasco, ancora ragazzino, gioca con una rondella da quindici e con un chiodo cavallottino. È un segno del suo destino, che lo porterà a diventare un mago della ferramenta. Gio Magnasco è un homo faber, porta con sé il mito della razionalità e del progresso. Ma porta con sé anche un’intima malinconia, un sentimento di desiderio. In questo è un uomo non meno novecentesco. Gio Magnasco è colui che connette gli opposti e li rende complementari, come chiavi e serrature, come maschi e femmine di un tassello. Questa duplice anima è rappresentata dal suo strano negozio, dove si vendono sí viti, ganci, ecc., ma anche bottoni, lacci, nastri: l’unico negozio al mondo di ferramenta-merceria. “Mi piace mettere insieme le cose, – dice. – E che ci restino”.
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