Cesare Levi, padre di Primo, nacque a Bene Vagienna (CN) nel 1878.
Dopo aver conseguito nel 1901, giovanissimo, la laurea in ingegneria a Torino, lavorò in Francia e in Belgio, poi in Abruzzo al prosciugamento del Lago Fucino, e in seguito per l’azienda ungherese Ganz a Budapest, dove lo sorprese la Prima guerra mondiale. Rientrato a Torino, diresse la rappresentanza per il Piemonte e la Liguria della Ganz fino alla sua morte, nel 1942.
Svolgendo quest’ultimo lavoro, Cesare Levi aveva quasi abbandonato il mestiere effettivo di ingegnere – vendeva conduttori elettrici, motori e generatori – ma sovrintendeva ai lavori di installazione delle apparecchiature presso i clienti.
Primo Levi ricorda suo padre come un uomo curioso, estroverso, bon vivant e amante delle buone letture, carattere singolare e contraddittorio, molto avido di sapere, con passioni da autodidatta.
Cu
Il testo intitolato Cu, incompleto, si trova in un quaderno di abbozzi per la futura raccolta Il sistema periodico. Se ne offre una parziale trascrizione.
Il suo ufficio-deposito, in corso S. Martino, era appassionante. Sul pavimento c’erano motori elettrici tozzi e pesantissimi: erano da un cavallo, da tre cavalli, da dieci cavalli, ed era meraviglioso che la forza di 10 cavalli stesse racchiusa in una corazza grande quanto la pentola grande di cucina.
Sugli scaffali c’erano rocchetti di rame trafilato, rutilante e sorprendentemente flessibile per le dita: mio padre diceva che era ricotto, ed io lo percepivo come ricotta, quasi commestibile. Me ne regalava degli spezzoni, che era facile piegare ed attorcere in forma d’animali fantastici, e lui stesso creava forme molto belle, che chiamava iperboloidi e quadriche a due falde.
Accanto al deposito [c’]era una piccola officina di riparazioni, dove il fattorino-fac totum riavvolgeva motori bruciati: a questo scopo si usava altro filo in cui il rame era invisibile, ricoperto da una spirale composta di cotone e di seta, e questo si chiamava filo spiralato, quasi come dire spiritato: poiché non era ancora nato, o non ancora trapiantato in Europa, il filo smaltato che molti anni dopo doveva diventare sangue del mio sangue.